“Inclini alla subordinazione e al rispetto delle disposizioni che vengono impartite..”

Posted: Ottobre 27th, 2011 | Author: | Filed under: General | Tags: , , | Commenti disabilitati su “Inclini alla subordinazione e al rispetto delle disposizioni che vengono impartite..”

da excasermaoccupata.wordpress.com

“Inclini alla subordinazione e al rispetto delle disposizioni che vengono impartite..”

..queste sono le caratteristiche “tecniche” che vengono richieste da un’azienda Livornese al fortunato tirocinante che supererà il colloquio.
Sembra uno scherzo ma purtroppo è la verità.
Si tratta di un annuncio pubblicato dal centro per l’impiego di Livorno.

Che ormai il mercato del lavoro abbia assunto caratteristiche ottocentesche è sotto gli occhi di tutti.
Ma che un’istituzione pubblica si permetta di pubblicare un annuncio del genere senza porsi il minimo scrupolo ci sembra davvero incredibile.
Oltretutto non si tratta neanche di un’assunzione reale ma bensi di un tirocinio.
Avete capito bene. l’azienda non dovrà pagare nessun contributo, il lavoratore ( perchè di questo si tratta) non avrà nessuna tutela prevista da un contratto nazionale e nessun diritto.
Naturalmente l’azienda avrebbe ottenuto anche delle sovvenzioni da parte della regione.. ( prima che venisse fuori lo ”scandalo”)
Ma nonostante questo come gruppo di lavoratori e lavoratrici ci sentiamo di ringraziare il centro per l’impiego  con un “errore” ha reso pubblico un dato reale troppo spesso tenuto nascosto.
Attualmente le aziende hanno la possibilità di “assumere” lavoratori pagandoli una miseria , senza un contratto e ricevendo sgravi fiscali e sovvenzioni dalle istituzioni.
Soldi pubblici regalati alle aziende.
L’importante è che siano inclini alla subordinazione chiaramente..
Come gruppo di studenti e studentesse, lavoratori e lavoratrici precari occupanti della caserma del Fante ci sentiamo in dovere di dire la nostra.
Siamo convinti che si debba rompere questo meccanismo di subordinazione dei lavoratori nei confronti di un sistema che di questo passo ci porterà a lavorare come schiavi senza alcuna tutela.

Non è un caso che questo annuncio abbia fatto notizia. Livorno è una città dove l’asservimento dei sindacati e delle istituzioni nei confronti delle imprese raggiunge livelli record.

Non aspettimoci aiuti da qualcuno, dobbiamo partire da noi stessi e dalla nostra rabbia affinchè cambi questa situazione.

E’ arrivato il momento di riprenderci i nostri diritti e la nostra vita.
Indietro non si torna!

 

 


Troppo comodo..

Posted: Ottobre 19th, 2011 | Author: | Filed under: General | Tags: , , , | Commenti disabilitati su Troppo comodo..

Il fatto quotidiano in prima pagina ha pubblicato parole che non possono che sapere di ipocrisia, entrando in un format di discussione che, evidentemente, poco gli compete se non come materiale di seconda mano, cioè già discusso e dibattuto da altri fonti di informazioni, giornali, aree politiche e salotti. Quando accusa i famigerati “incappucciati” di aver ottenuto, come effetto della giornata  di guerriglia, la deviazione dell’attenzione pubblica dai “giovani senza lavoro ne futuro” e dai “ricchi che tolgono ai poveri” il Fatto compie un passo falso. Assume un atteggiamento meta-comunicativo, non discute dei fatti in quanto giornale, ma discute degli altri giornali che discutono i fatti. Troppo comoda come posizione. Troppo comodo non investire tematicamente sulla precarietà in prima persona, troppo comodo non investire l’attenzione sulla precarietà in maniera da stornare l’opinione pubblica dai fatti del 15, dalla gestione della piazza, dalla presunta prepotenza degli incappucciati. Sarebbe più semplice parlare direttamente dei “giovani senza soldi ne futuro”, sempre che la volontà del giornale fosse quella di estrarre dalla giornata del 15 ottobre considerazioni sull’attualità, costruttive e propositive. Purtroppo la storia non è andata è così, ed il mostro è stato preso e sbattuto in prima pagina. Ed al mostro sono addossate ogni genere di colpe, ogni responsabilità e persino le scelte editoriali del Fatto sembrano ineluttabilmente legate a questi doveri di cronaca (violenza ed effetti). Una cosa sembra certa a questo punto : la volontà di delegittimare il mostro conferisce allo stesso una potenza che va ben altro la presenza minoritaria di piazza che le testate italiane tenderebbero a sottolineare. Complimenti al Fatto Quotidiano dunque, mecenate dei grandi comizi inconcludenti, dei raggiri al popolo, nel proprio sprint verso le prossime politiche, lontano dalle problematiche effettive delle persone ed impegnato esclusivamente al rinnovamento di quella casta che tanto vorrebbero abbattere (già, perchè altrimenti non si comprenderebbero le ragioni di tanto accanimento verso una giornata che, per chi desidera veramente tematizzare i bisogni della gente, dovrebbe già appartenere al passato). Separare una piazza, accrescerne i malumori e raccogliere il consenso, magari per mezzo del voto : ecco i reali motivi dell’attuale linciaggio.

 


Il pranzo di gala

Posted: Ottobre 17th, 2011 | Author: | Filed under: General | Commenti disabilitati su Il pranzo di gala

Roma 15 ottobre, manifestazione della rete internazionale di People of Europe RiseUp e United for Global Change.

Già durante il corso della manifestazione i grandi media mainstream si sono affannati per lanciare le prime demonizzazioni, i primi facili e moralisti rimproveri sull’illegittimità di certe modalità di manifestare. Fiumi di parole create ad arte per dividere i supposti “buoni” dai supposti “cattivi”, per creare i mostri da sbattere in prima pagina, evitando di sviscerare accuratamente ancora una volta le reali motivazioni che hanno prodotto la rabbia vista ieri in tutto il corteo.

Ipocrita è pensare che la rabbia debba esprimersi solo entro una dimensione composta e cortese di partecipazione, manifestando le proprie idee attraverso la presenza numerica e gioiosa ad eventi come quello di ieri. Mentre i fatti stanno da un altra parte, in una generazione precaria deprivata di lavoro, diritti, pensioni, istruzione di qualità, casa e reddito. Costretta ancora una volta a venire soffocata dalla retorica dell’austerità, del “dobbiamo stringere la cinghia” per ripagare un debito non nostro, utilizzato strumentalmente per imporre manovre dove la precarietà costituisce l’unico orizzonte anche solo immaginabile per le nostre vite.

Ipocrite sono le parole del Signor Draghi che dall’alto del suo lauto stipendio e delle sue belle “letterine” di fatto impone ai precari e alle precarie di divenire l’agnello sacrificale da offrire alle agenzie di rating e alle banche internazionali. Questo singolare personaggio che pontifica giudizi nel più grande teatro mai esistito, quello mediatico, inscena la parte del padre-padrone che finge di “comprendere” i nostri bisogni e le nostre istanze solo se siamo docili e mansueti, ma sconfessali ancora più prepotentemente riducendo quanto successo ad un capriccio senza senso.

Al contrario, noi siamo profondamente convinti che la vera violenza sia quella che ci viene perpetrata giornalmente da contratti usa-e-getta, da stipendi ridicoli, da assenza di servizi, da un sapere sempre più mercificato, da diritti negati. Una violenza imposta nel silenzio assordante di cui sono complici i grandi mezzi di comunicazione di massa, che non a caso con la nostra precarietà costruiscono le fondamenta dei loro profitti (basterebbe che fosse reso pubblico il numero di giornalisti e gli operatori televisivi e radiofonici precari utilizzati ieri per raccontare quanto successo, sul loro lavoro poi le grandi testate giornalistiche vendono milioni di copie di giornale o registrano ascolti impressionanti).

Una violenza alla quale siamo educati sin da piccoli, offrendoci stili di consumo che non fanno altro che auto-alimentare una vita a debito, lasciandoci un intera esistenza a rincorrere rate e impieghi saltuari.

 

Una violenza che risulta ancora più opprimente perché raccontata come ineluttabile e necessaria, perché ci costringe a dover accettare sempre e comunque il male minore (che si tratti di politica economica, di scelta elettorale o di lavoro).

Ogni violenza subita, però, ha una soglia limite e quello che è successo ieri segnala il suo superamento.

Non si può recriminare che tale sorpasso non sia avvenuto attraverso strumenti pacifici perché semplicemente in questa fase storica, a nostro avviso, non poteva farlo.

Le pratiche e le forme organizzative che, per oltre un secolo, hanno fatto la storia della sinistra e del movimento operaio ormai sono completamente inadeguate, incapaci di rappresentare le nuove generazioni precarie. Mentre nuove opzioni d’intervento e di espressione di movimento, pur presenti, sono ancora in uno stadio germinale e, in altri casi, utili semplicemente a riprodurre il proprio ceto politico.

Non si può neanche vedere il 15 ottobre romano come un evento sconclusionato, un episodio venuto fuori dal nulla. È ormai da oltre un anno che lo scenario sia nazionale, si veda il 14 dicembre scorso, la lotta no-tav in val susa, sia quello internazionale sono in forte fermento. A tali grandi eventi si devono aggiungere importanti percorsi di rielaborazione rivendicativa e politica come è stato il referendum di giugno, ma anche il percorso degli Stati Generali della Precarietà.

Quella di ieri siamo convinti che rappresenti, per chi saprà mettersi in discussione ed uscire dai giudizi preconfezionati, una momento di svolta. Un cambio di paradigma dove un certo “know-how” politico dovrà necessariamente essere riposto in un museo, come reperto di un’altra epoca. Una svolta avvenuta in maniera imprevista e forse non immediatamente comprensibile, uscita da tutti gli schemi interpretativi con cui siamo stati abitati a leggere questi eventi.

 

In merito a queste ultime considerazioni riteniamo che la sfida dei movimenti e delle realtà autorganizzate sarà proprio quella di intercettare nuove modalità, nuovi percorsi e scenari di partecipazione ed intervento politico, soprattuto su quei temi (la precarietà), a nostro avviso cruciali, dove maggiore è la frustrazione e la rabbia covata individualmente.

Affiancando e alternando la furia iconoclasta,  con l’intelligenza della cospirazione e del sabotaggio dei profitti. Praticando diversi livelli di conflitto simultaneamente, aumentandone la complessità e quindi la pervasività e l’efficacia.

 

I fatti di sabato, da soli, non produrranno immediati miglioramenti, o modifiche della legge finanziaria (come del resto non l’avrebbero fatto gli sterili comizi che avrebbero dovuto esserci). Non saranno risolutori, né auto-sufficienti. Non dovranno neanche, a nostro avviso, costruire un manuale da replicare in ogni occasione di modo da riprodurre l’evento ritualistico spegnendone ogni valenza conflittuale.

I fatti di sabato devono rappresentare uno scarto, una messa in discussione di aree e progettualità politiche di movimento che devono assumere altri contenuti e modalità d’azione quotidiana.

Devono, pertanto, semplicemente essere letti per quello che sono stati: un momento di rottura.

Uno “spunto” che serva da stimolo a creare ed implementare nuove forme di aggregazione e azione sia diretta, sia di tipo comunicativo. Non ricreando schematismi o libretti d’istruzione del perfetto militante, mandando in soffitta ogni velleità di strumentalizzazioni elettorali di ciò che si muove dal basso. Una giornata di piazza dalla quale ripartire aperti a sperimentazioni e contaminazioni politiche, accogliendo la ricchezza delle espressioni di conflitto che dal Nord-Africa alla Spagna, dalla Grecia agli Stati Uniti, stanno emergendo.

Un compito difficile, un’ambizione a lunga gittata ma crediamo sia l’unico tragitto da percorrere perché da questo anno sia aprano scenari diversi, meno ingessati e dogmatici, più visionari e dinamici.

Flessibili come le nostre vite, determinati come i nostri contratti.

Tempi difficili, tempi di sciopero precario.

 


COMPLIMENTI VIVISSIMI…

Posted: Ottobre 6th, 2011 | Author: | Filed under: General | Tags: , , , , | Commenti disabilitati su COMPLIMENTI VIVISSIMI…

siamo felici di leggere dalle parole della sig.ra Celati (responsabile Nidil Cgil), pubblicate sul sito di quilivorno.it, che il più importante sindacato locale (nonché nazionale) abbia trovato la forza di salire quell’impervio piano che separava la sua sede provinciale da quella dell’azienda Starweb; un call-center per il quale il lavoro dei suoi “collaboratori”, ovviamente precari, non valeva più di 3 euro l’ora. Purtroppo non sono stati resi pubblici i contenuti sottoscritti nell’accordo, ma siamo  convinti che sia stato stipulato un aumento di stipendi di almeno un paio d’euro l’ora, somma che, dopo attenti studi svolti dal sindacato stesso, è stata ritenuta sufficiente ai lavoratori per potersi pagare un panino in pausa pranzo.

Come wakeup, lo scorso aprile avevamo fatto visita” all’azienda per denunciare le pessime condizioni contrattuali cui erano sottoposti i lavoratori starweb: paga da fame, turn-over indiscriminato, orari di lavoro vincolanti (e non liberamente concordabili dal collaboratore a progetto, come previsto dalle relative disposizioni
contrattuali). 

Notiamo però, con non altrettanto giubilo, che la responsabile sindacale in questione, incaricata (dalla Cigl non dai lavoratori, ovviamente) di rappresentare i precari e le precarie del nostro territorio dimostri, con le sue parole, di non aver ben chiaro cosa sia la precarietà.
La Sig.ra Celati, infatti, definisce come “spesso irraggiungibile” la tipologia del contratto a progetto, quando attualmente rappresenta una delle tipologie contrattuali più utilizzate nel mondo del lavoro, e come se non bastasse bolla come “proteste fini a se stesse” quelle riguardanti i lavoratori precari (ogni riferimento alla protesta di aprile riteniamo sia puramente casuale). Vorremo, pertanto sapere in quale altra occasione un lavoratore dovrebbe vedersi legittimamente riconosciuto, da un sindacato che vorrebbe rappresentarne gli interessi, il diritto a reagire ai soprusi del proprio datore di lavoro. Se 3 euro orarie di salario e una durata contrattuale media che a stento arriva ai due mesi (anche gli yogurt scadono più tardi), non sono motivi sufficienti, evidentemente i “nostri” paladini dei lavoratori sono anni luce lontani dai nostri bisogni precari. Notiamo infatti come la “sindacalista” esprima la sua soddisfazione non tanto per il supposto aiuto offerto ai precari del call-center, quanto per l’essere riusciti a trovare un accordo con la Starweb per “fare chiarezza sull’applicazione del contratto”. Una frase che esemplifica molto bene i compiti del sindacato del nuovo millennio: fare in modo che le imprese possano continuare indisturbate la loro azione precarizzatrice.

Parole che non fanno altro che riconfermare quello che ormai è un evidenza: la precarietà è sempre più generalizzata e strutturale, ormai completamente interiorizzata ed accettata supinamente anche da gli antichi alfieri dei lavoratori.
I precari e le precarie possono trovare una soluzione alla loro condizione solo se sapranno prendere parola direttamente ed autonomamente, fuori dagli schemi e dagli interessi che questi consulenti esterni
delle imprese (vedi Sig.ra Celati) vogliono farci credere. 

E’ ora di sciopero precario….

 

 


La casa non si chiede… si prende!

Posted: Luglio 13th, 2011 | Author: | Filed under: General | Tags: , , , , | Commenti disabilitati su La casa non si chiede… si prende!

La casa non si chiede.. si prende!

Oggi 13 luglio, tre famiglie che hanno subito lo sfratto esecutivo per morosità e che si sono trovate costrette a vivere per la strada e a dormire in auto con i loro figli, hanno preso la decisione di occupare i locali vuoti ed abbandonati della ex Circoscrizione 1 di via delle sorgenti n. 180.Questa struttura, come molte altre proprietà comunali a Livorno, è inutilizzata!
Considerato l’ingente numero di sfratti in città, riteniamo opportuno e necessario che il comune e chi si occupa di emergenza abitativa prenda la decisione di adibire questa struttura proprio a questa funzione,restituendo quindi questi spazi abbandonati a coloro che ne hanno davvero necessità.


Call center Asl, a rischio sette posti di lavoro

Posted: Giugno 7th, 2011 | Author: | Filed under: General | Tags: , , , , | Commenti disabilitati su Call center Asl, a rischio sette posti di lavoro

Rischiare il licenziamento cosa significa oggi? Trovarsi in una situazione straordinaria che mette in pericolo basi e certezze di un progetto di vita? La risposta, per i tromboni della politica e del sindacalismo, per i “lumi” della cultura più retrograda, potrebbe essere anche questa. La risposta che noi diamo però è altra, soprattutto è ATTUALE. Laddove si inserisca il privato anche il più universale dei servizi si trasforma nelle logiche assoggettandosi alle esigenze del profitto. Laddove si inserisca il privato,oggi gli investimenti si fanno transitori. I redditi da salario legati ad investimenti evanescenti, che vanno e vengono,che divorano i territori con stile cannibalesco, di forza soffrono della medesima instabilità dell’intero sistema economico.
I sindacati confederali, piuttosto che stupirsi di fronte a questo genere di episodi, dovrebbero trovare lo spunto giusto, dovrebbero aggiornarsi e capire di non avere oggi molte ragioni di esistere,potendo al massimo soppiantare nelle funzioni un’agenzia interinale, di certo non porre al centro delle proprie agende il protagonismo di una categoria, quella del precario, che loro si sforzano di non riconoscere e non tutelare.
Atteggiamento comodo, che consente di farsi interlocutore sul territorio delle aziende in transito, di trattenerle e stipulare accordi di una flessibilità radicale, salutati sui territori come paladini dei nuovi contratti.
Evidentemente,la Cgil non ignora cosa sia la precarietà.
Semplicemente, se ne avvantaggia.


LIVORNO. Hanno paura le addette al call center Asl per le prenotazioni intramoenia. Temono che il nuovo bando emesso dall’Asl 6 non garantisca il mantenimento dei loro posti di lavoro. Sono sette donne che per molti anni hanno lavorato svolgendo varie attività per società legate a Spil.

Poi nel 2007 sono passate a Sercal (anch’essa società Spil). Assunte a tempo indeterminato per svolgere l’attività di call center delle prenotazioni di visite intramoenia dell’Asl. Lo scorso dicembre sono state licenziate, perché Sercal ha perso l’appalto del call center.

Le lavotratrici, che non hanno avuto neanche la cassa integrazione, sono state riassunte con contratti a tempo determinato da Tesan, a cui Asl ha affidato anche il Cuptel. Le addette, adesso che l’azienda sanitaria ha emesso il bando per affidare definitivamnete i servizi di prenotazione telefonica, temono di perdere il posto di lavoro. Si sono rivolte anche a Cgil. «Il bando – dice Cavallini della Cgil – non è chiaro, parla di nove assunzioni, quando adesso le operatrici Tesan sono 15. Chiediamo che le lavoratrici siano legate al nuovo appalto».

3 giugno 2011, da
Il Tirreno

“Reddito d’esistenza e dintorni” [seminario-dibattito con Andrea Fumagalli del 19 maggio 2011]

Posted: Maggio 27th, 2011 | Author: | Filed under: General | Tags: , , , , | Commenti disabilitati su “Reddito d’esistenza e dintorni” [seminario-dibattito con Andrea Fumagalli del 19 maggio 2011]
Andrea Fumagalli insegna Macroeconomia e Teoria dell’impresa presso il Dipartimento di Economia politica e metodi quantitativi, Facoltà di Economia, Università di Pavia, e Economia politica presso il Corso di laurea in Comunicazione multimediale della stessa università. È attivista della rete May Day, organizzatrice della famosa parade del 1 maggio precario milanese.
I suoi principali ambiti di studio sono relativi al nuove forme di welfare, in particolar modo alla proposta di un reddito d’esistenza incondizionato e universale, e alle trasformazioni intercorse negli ultimidecenni nel processo di accumulazione capitalista e nella composizione del lavoro.
È stato fondatore della rivista «Altreragioni». Tra i suoi principali lavori ricordiamo i seguenti: “Bioeconomia e capitalismo cognitivo” (Carocci, 2007) e “La moneta nell’impero” (insieme a Christian Marazzi e Adelino Zanini, Ombre corte, 2002). Insieme a Sergio Bologna ha curato “Il lavoro autonomo di seconda generazione” (Feltrinelli, 1997) e, più recentemente, con Sandro Mezzadra ha curato “Crisi dell’economia Globale” (Ombre corte 2009).

La flessibilità del lavoro in linea storica discende da tutta una serie di mutamenti che hanno interessato l’assetto economico e sociale a partire dagli anni ’60 e ’70. Sono questi mutamenti interni al capitalismo, cioè soluzioni nuove ai sistemi di estrazione di profitti e ricchezza dal lavoro. Questi cambiamenti hanno sconvolto le basi su cui si reggevano le trame del consenso nella società taylorista-fordista, ossia il benessere diffuso e generalizzato, l’espansione dei consumi, conoscono oggi un forte freno alla luce della desuetudine degli strumenti classici della distribuzione dei redditi, Welfare prima di tutto. Welfare che, data l’insufficienza dei redditi da lavoro, deve aggiornarsi, meglio dire forse rivoluzionarsi, non potendo di certo più rispondere con parametri ed indici propri di una società statica e monolitica alle esigenze di una società ben più dinamica e veloce, mutevole e spiazzante.

Per fare chiarezza conviene ripercorrere brevemente genesi e mutamenti del capitalismo. Il capitalismo in origine coniugò lavoro e capitale nella produzione materiale delle merci. La manifattura  sancisce il superamento dell’economia agricola, il macchinismo e la grande industria in pieno ‘800 ne esaspereranno contraddizioni e potenzialità, questione sociale e capacità generativa di ricchezza. Il massimo sviluppo produttivo si avrà a cavallo dei due secoli precedenti con le teorizzazioni di Taylor e gli esperimenti di Ford : il lavoro è massimamente parcellizzato, la divisione del lavoro altrettanto, lo svuotamento di capacità nell’erogazione di lavoro ormai si definisce intorno alla figura nuova dell’operaio massa, del lavoratore salariato privo di professionalità : l’uomo più che mai si trasforma in mero appendice di una macchina. La crisi del ’29 poi scompagina i piani del capitale, ne evidenzia contraddizioni e limiti ; la storia è nota, lo sono Keynes, Roosevelt ed il New Deal americano : nasce quel patto sociale che in maniera inedita lega indissolubilmente lavoro e capitale in una spirale di crescita costante e parallela. Aumenta la distribuzione del reddito, interviene nella storia del capitalismo lo Stato con piani di ammortizzatori sociali ubiqui volti ad alzare i salari e favorire la domanda di merci. La spesa pubblica diviene una variabile economica decisiva. La contrattazione sindacale assume gli oneri che il cambiamento storico comporta, come forma mediata e privilegiata di manifestazione delle aspettative e del  dissenso operaio.

La conflittualità incontra nuove forme di moderazione mentre il benessere genera nuovo consenso. Tutto ciò viene nuovamente scompaginato tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, dove le nuove tecnologie rivoluzionano nuovamente la produzione : dalla produzione materiale di merci passiamo alla produzione immateriale. Non è più l’aumento dell’intensità del processo lavorativo a produrre nuova ricchezza, bensì la “messa a lavoro della vita” : il tempo di non lavoro, il tempo libero, viene trasformato grazie alla rivoluzione informatica in tempo produttivo. Il cambiamento del paradigma produttivo accentua il ruolo della comunicazione ottenendo maggiore dinamismo e flessibilità dal lavoro. Gli aspetti immateriali relativi alla comunicazione linguistica nei processi produttivi iniziano ad essere la variabile decisiva della produzione, la globalizzazione cancella le distanze geografiche con lo spazio virtuale. Queste società in mutamento enfatizzano il ruolo del settore terziario, ora tra le prime voci del Pil. Si pensi alle plusvalenze ottenute dalla vendita di un paio di Nike prodotte con costi bassissimi laddove il lavoro costa poco e rivendute altrove a prezzi lussuosi : la produzione di immagini, la pubblicità ed i “miti d’oggi” disegnati a tavolino dalle aziende incidono accrescendo le plusvalenze. In questi nuovi scenari l’operaio-massa viene sostituito dal precario. Come dicevamo con una formula felice è “la vita che viene messa al lavoro”. Si pensi al consumo su cui vengono raccolti dati che basano indici utili per piani di vendita : il consumo in questo caso non è un atto di distruzione di una merce, quanto piuttosto un motore che aziona quei piani di vendita importanti per le aziende per ottenere nuovi profitti.

Il precario appunto è colui che non vede retribuirsi tutta quella ricchezza legata alla “messa a lavoro della sua vita”, poichè il Welfare, che dovrebbe compensare l’insufficienze dei nuovi redditi (o non redditi), continua ad essere pensato in relazione al lavoro. Le conseguenze anche politiche sono devastanti, si pensi all’Italia dove la costituzione configura il lavoro come condizione necessaria per l’esercizio della cittadinanza attiva. Soluzione ai nodi problematici del vecchio Welfare può essere il concetto di reddito d’esistenza, ossia di reddito sganciato dal lavoro. Le caratteristiche del reddito d’esistenza debbono essere l’incondizionalità (poichè tutta la vita deve essere retribuita per quanto detto prima), l’individualità (non deve essere familistico) ed il sostegno accordatoli dal bilancio pubblico, cioè deve essere finanziato dalla collettività (essere variabile distributiva della ricchezza generale).

La proposta è insomma quella di sostituire ogni forma indiretta di sostegno al reddito con un unico ed ubiquo ammortizzatore sociale.

 


REDDITO DI ESISTENZA E DINTORNI

Posted: Maggio 19th, 2011 | Author: | Filed under: General | Tags: , , , | Commenti disabilitati su REDDITO DI ESISTENZA E DINTORNI

presso i locali della Circoscrizione 5 del Comune di Livorno
Via Machiavelli, 21 – Giovedì 19 maggio 2011 – ore 17.30

Incontro/Dibattito

REDDITO DI ESISTENZA

Nell’era del cosiddetto capitalismo cognitivo, sociologi, filosofi, economisti e studiosi di vari paesi, riuniti in un network, da anni sostengono la necessità di introdurre uno specifico intervento di 

stampo welfaristico, chiamato in maniera diversa

a seconda della prospettiva teorica nella quale viene studiato: reddito di cittadinanza, reddito di esistenza, reddito minimo garantito, basic income.

 

 

Inteso come strumento e non semplicemente come fine, si può parlare di reddito di esistenza, vale a dire una somma monetaria in grado di garantire al singolo una vita dignitosa indipendentemente dalla prestazione lavorativa effettuata, solo presupponendo alcuni requisiti minimi essenziali (individualità, residenzialità, incondizionalità,

fiscalità sociale progressiva) nella direzione di una più equa redistribuzione delle risorse.

Interviene: Andrea Fumagalli, Docente di Economia Politica presso l’Università di Pavia

[scarica qui il volantino]

 


Non Pagheremo La Vostra Crisi!!

Posted: Maggio 6th, 2011 | Author: | Filed under: General | Tags: , , , , | Commenti disabilitati su Non Pagheremo La Vostra Crisi!!

Nella giornata del 6 maggio , in occasione dello sciopero generale indetto dalla Cgil , Livorno si è mossa non solo sfilando nella passerella del centro cittadino , ma anche ponendo all’attenzione della cittadinanza problemi REALI  relativi a diritti negati  : precarietà , insolvenza ed emergenza   abitativa .

Se la precarietà è condizione diffusa e generalizzata , l’insolvenza è conseguenza dell’inadeguatezza  dei redditi e dell’assenza di un sistema di Welfare , così come la questione abitativa nelle sue risoluzioni trascura i soggetti che ne necessitano maggiormente,come appunto sono  i/le precari/e.

Per questo , nella giornata del 6 maggio , oltre all’indizione di uno sciopero debole e strumentale , altri soggetti sociali hanno deciso di scendere in strada nel tentativo di lanciare parole d’ordine di maggiore efficacia e concretezza .

http://wakeup.noblogs.org/post/2011/05/06/non-pagheremo-la-vostra-crisi-i/

http://wakeup.noblogs.org/post/2011/05/06/non-pagheremo-la-vostra-crisi-ii/

http://wakeup.noblogs.org/post/2011/05/06/non-pagheremo-la-vostra-crisi-iii/


Non Pagheremo La Vostra Crisi (III)

Posted: Maggio 6th, 2011 | Author: | Filed under: General | Tags: , , , , , | Commenti disabilitati su Non Pagheremo La Vostra Crisi (III)

Oggi, 6 maggio 2011, dopo un autunno segnato da importanti mobilitazioni che hanno attraversato il mondo del lavoro, dell’università e della scuola è stato indetto lo sciopero generale della CGIL. Un appuntamento però che, a nostro avviso, è arrivato troppo tardi, depotenziando la carica conflittuale esplosa il 14 dicembre, piegandone finalità e intenti ad interessi di tipo elettorale . Esplosioni di conflittualità radicale sono presto arrivate in punti ciechi , senza conoscere soluzione di continuità . L’ambito lavorativo non fa eccezione e senza dubbio qui nella moderazione del dissenso i sindacati confederali svolgono un ruolo cruciale . Lo sciopero di oggi per es. , parlando di tutto, affronta con superficialità l’aspetto che riteniamo essere il vero nodo cruciale degli ultimi anni: la precarietà . Noi riteniamo che al momento , senza che si valorizzi la precarietà come tema di dissenso , sia difficile costituire un fronte conflittuale compatto e deciso .

Dopo più di 15 anni dall’entrata in vigore delle norme che hanno introdotto i primi contratti di lavoro “atipici”, non possiamo più continuare a considerare la precarietà come una semplice questione riguardante la scadenza posta sul proprio contratto di lavoro, interessante la sola fascia giovanile dei lavoratori. La  precarietà, ancor più in questi anni di crisi, ha confermato di essere un fenomeno strutturale che dal lavoro si estende nella sfera sociale ed esistenziale delle persone, toccando anche coloro che apparentemente sono considerati “garantiti”.

Il modello proposto da Marchionne non è altro che l’esemplificazione di quanto appena detto: dopo che le generazioni più giovani sono state interamente sacrificate sull’altare della precarietà, adesso se ne estendono le caratteristiche a tutto il mondo del lavoro. Per questo lo sciopero di oggi non ci basta, perché non riesce ad intaccare con forza la questione precaria.

Ed è per questo che, invece, avvertiamo con sempre maggiore urgenza la necessità dello sciopero precario, guardando oltre i confini dell’apparente contraddittorietà che la condizione precaria c’impone. Uscendo dalle regole attraverso le quali manifestare il proprio dissenso, allargando le nostre rivendicazioni a tutti gli aspetti che oggi ci sono negati, come ad esempio il diritto all’abitare.

Non possiamo più rimanere stretti entro la morsa degli sfratti per morosità o a prolungare sconfinatamente la propria adolescenza alloggiando con genitori e nonni  per tempi lunghissimi . Con questi intenti reclamiamo, pertanto, l’utilizzo a scopo abitativo delle caserme Bagna e Dal Fante, nelle quali realizzare alloggi popolari accessibili anche ai precari (oggi esclusi dai punteggi dei bandi dell’edilizia residenziale pubblica).

Ecco allora che la formula “sciopero precario” si carica di un senso più ampio , assumendo forme più estese, divenendo riappropriazione diretta di aspettative e bisogni altrimenti preclusi. Sciopero precario non vuole significare uno sciopero di soli precari , ma essere un momento visibile in cui mettere al centro la precarietà . Un percorso, non un singolo appuntamento.

La cospirazione è la nostra arma, lo sciopero precario il nostro sentiero…